Cure domiciliari in Piemonte illustrate all'International Covid summit
L’esperienza delle cure domiciliari in Piemonte è stata illustrata dall’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi, nel corso dell’International Covid Summit, in svolgimento nelle aule del Senato a Roma.
Il convegno chiama a raccolta per tre giorni medici e esperti da tutto il mondo per confrontarsi sulle diverse terapie contro il Covid-19 praticate a domicilio dei pazienti. Il Piemonte è stata l’unica Regione italiana invitata a intervenire, grazie al protocollo di cure domiciliari attivato sul proprio territorio.
In particolare, l’assessore ha riferito l’esito dell’esperienza di gestione territoriale del Covid-19 durante la prima ondata di infezione, tra marzo e aprile 2020, nel Distretto di Acqui Terme e Ovada, realtà caratterizzata da una consolidata integrazione ospedale-territorio, dove su 340 pazienti curati a casa, si sono registrati appena 9 decessi e 22 ricoveri, pari a un tasso di mortalità del 2.6% in periodo di mortalità su base provinciale del 17% e a un tasso di ospedalizzazione del 6.5%, vale a dire un terzo rispetto al dato del 22% atteso in base alla media nazionale.
Un modello che la Regione ha trasferito nel nuovo Dipartimento interaziendale regionale malattie e emergenze infettive (Dirmei), costituito a giugno 2020 per strutturare al meglio i percorsi di gestione del Covid-19, attraverso un apposito Gruppo di lavoro finalizzato a fornire ai medici del territorio informazioni utili per le cure a domicilio utilizzate in provincia di Alessandria.
Proprio dal Dirmei, il 6 novembre 2020, è scaturita la prima edizione del “Protocollo per la presa in di carico dei pazienti Covid-19 a domicilio da parte delle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta”, con l’obiettivo di gestire i pazienti a casa in stretta collaborazione e sinergia tra medici di assistenza primaria, medici Usca, servizi domiciliari dei Distretti e con una presa in cura tempestiva, all’esordio dei sintomi, con l’applicazione condivisa tra i medici di procedure diagnostiche e terapeutiche individualizzate sul paziente.
Il documento è stato sottoscritto da Regione Piemonte, Direzione Sanità e Welfare, Dipartimento interaziendale regionale malattie ed emergenze infettive (Dirmei), Unità di crisi covid-19 regionale, Prefettura di Torino (anche per le altre prefetture del Piemonte), tutte le Aziende sanitarie locali, le Organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e gli Ordini professionali. L’edizione più recente del Protocollo, la numero 5, è del 26 marzo 2021 e contiene le indicazioni in merito all’impiego degli anticorpi monoclonali, indicando criteri di arruolamento, sedi e moduli di segnalazione.
Parallelamente, la Regione Piemonte ha prodotto provvedimenti organizzativi di supporto, come per esempio la prescrivibilità dell'ossigeno e la sua consegna al domicilio del malato entro 2 ore dalla richiesta, tutto governato e monitorato dal Servizio farmaceutico regionale, e le istruzioni di gestione dell'ambiente domestico (igiene, areazione etc), con consigli su nutrizione, mobilizzazione e postura del malato.
Riguardo alle Usca, l’assessore ha detto che si sono dimostrate un elemento virtuoso e che la Regione conta in qualche modo di preservarle anche dopo l’emergenza, a supporto della nuova organizzazione della Medicina territoriale prevista dalla legge regionale varata quest’anno dal Piemonte sull’esperienza della pandemia.
Oggi in Piemonte sono operanti 90 Usca, con 621 medici e 197 fra infermieri e altro personale sanitario (medici di Distretto,oss, assistenti sociali, psicologi).
Nei 6 mesi di attività da novembre 2020 ad aprile 2021 (picco della seconda ondata pandemica), le Usca piemontesi hanno preso in carico circa 48.000 pazienti e, di questi, 3.700 sono stati gli assistiti nelle residenze per anziani.
Nel solo mese di marzo 2021 sono stati 10.621 i pazienti presi in carico dalle Usca con una media di 3.500 pazienti per ogni settimana costantemente in carico e seguiti a domicilio.
Un dato interessante riguarda poi i pazienti curati a casa anche quando le condizioni cliniche hanno richiesto l’ossigenoterapia: circa 2.800 pazienti a marzo, quindi, uno su quattro, con fornitura immediata di ossigenoterapia.
In conclusione, l’assessore ha sostenuto che il compito della politica è di fornire ai medici in trincea sul territorio ogni strumento possibile per curare al meglio i loro pazienti.
È molto importante poter gestire a domicilio la maggior parte dei pazienti, per evitare così di congestionare gli ospedali rendendoli inaccessibili alle altre patologie.
Secondo l’assessore, occorre fare in modo che nessuna strada, legalmente praticabile, sia preclusa ai medici che hanno il dovere e sono liberi di curare i pazienti con le terapie che ritengono più appropriate, in scienza e coscienza.
Quanto alla politica, la prima medicina deve essere l’organizzazione.