Il Piemonte anticipa 1000 confezioni di pillola anti Covid, ma è flop

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C’è un Piemonte primo della classe che - grazie a proprie scorte regionali (un primo quantitativo di mille confezioni che era destinato agli ospedali) - ha reso fisicamente disponibile in farmacia il Paxlovid della Pfizer, l’antivirale che cura il Covid, anticipando così la fornitura ufficiale da Roma prevista per la fine di maggio.

Piccoli numeri che non sono bastati a far scattare la miccia sulla cosiddetta “pillola riservata ai più fragili”, che - autorizzata dall’Agenzia italiana del farmaco nelle scorse settimane – di fatto non si trova. Il farmaco è rivolto a chi ha compiuto 18 anni, non ha ancora sintomi gravi e presenta un alto rischio di sviluppare una forma grave di malattia.

Il problema è che il foglietto illustrativo non è in italiano e, considerato che Paxlovid interagisce con diverse altre terapie, la sua somministrazione deve essere più che oculata: dettagli tutt’altro che rilevanti per un farmaco che aveva appena visto una semplificazione burocratica importante, consentendo pure ai medici di famiglia di prescriverli e ai cittadini di acquistarli in farmacia. Fatto sta che, a poco più di 2 mesi dal suo sbarco in Italia, il Paxlovid nella maggior parte delle farmacie ancora non si trova ed è stato somministrato a nemmeno 10.000 contagiati fragili rispetto alla platea dei 600.000 per i quali se ne sono acquistate le dosi.

E fa male pensare che sono ancora oltre 1000 i morti che si contano ogni settimana e che avrebbero potuto beneficiare invece di questa pillola anti Covid, che riduce dell'85% il rischio che di contrarlo in forma grave. Capitolo analogo è poi quello sul cocktail di monoclonali di AstraZeneca, l’unico a poter essere utilizzato dagli immunodepressi a scopo preventivo. Anche in questo caso la protezione dal virus sarebbe molto alta, pari ad oltre l'80%, ma qui l’Aifa lo ha autorizzato solo per circa 90.000 ultrafragili: una platea molto ridotta. E tutto è fermo.

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