Covid-19: verso lo sblocco dei licenziamenti

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In mezzo alle mille incertezze che porta con sé l’emergenza Covid, c’è un’ulteriore preoccupazione che nelle ultime ore grava sul mondo del lavoro, più o meno pesantemente intaccato – a seconda del settore – dal dilagare della pandemia e dalle conseguenti restrizioni sanitarie che, Dpcm dopo Dpcm, si è portata con sé bussando, di mese in mese, alle porte degli italiani.

La preoccupazione in questione e il conseguente dubbio alimentato sia in chi oggi è “occupato” sia in chi si trova in cassa integrazione sono collegati all’annunciato blocco dei licenziamenti che è in scadenza il prossimo 31 dicembre e che non verrà prorogato, anche se l’ultimo provvedimento normativo in materia Covid è in vigore fino al 31 gennaio.

E se il presidente di Assolombarda Alessandro Spada, in un’intervista al quotidiano La Stampa, ricorda che “l’Italia è l'unico Paese europeo in cui vige il blocco dei licenziamenti” e, tutto sommato, oggi si sta assistendo ad una graduale ripresa di alcuni comparti - pur registrando in altri molto affanno –, i sindacati levano gli scudi e mettono sul tavolo una serie di problematiche che passano da una necessaria riorganizzazione degli ammortizzatori sociali ai tanti sospetti legati al momento in cui finirà la cassa Covid.

“Si prospetta una fine dell’anno bruttissima – afferma Alberto Pastorello, segretario Uilm Alessandria –. Quasi tutte le aziende hanno richiesto le 9 settimane di cassa; per molte di queste finirà a novembre ma, al contempo, ci sono tanti lavoratori artigiani che devono ancora prenderla dall’ente bilaterale e parliamo del mese di luglio”.

L’altro dubbio serio è cosa succederà quando finirà la cassa integrazione: “Ci sono aziende con 50/60 dipendenti che stanno applicandola a 2/3 persone, ritenute “fragili” – prosegue Pastorello -. Viene da chiedersi, quando finirà, cosa sarà di loro”. E mentre il comparto metalmeccanico, dopo le trattative interrotte con Federmeccanica sul contratto nazionale, annuncia un pacchetto di 6 ore di sciopero, l’altro nodo spigoloso legato alle ultime misure di emergenza è la possibilità di licenziare per “giusta causa” nel momento in cui un intero reparto cessi l’attività. “Da quel che si evince in questo momento – conclude Pastorello – la proprietà non è obbligata a ricollocare il personale del reparto che dovesse chiudere”.

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