Processo Eternit Bis: sentito come teste il sindaco di Casale Monferrato
Con l’udienza di ieri, in Corte d’Assise a Novara, sono finiti i testimoni chiamati in aula dall’accusa per il processo Eternit Bis.
Lunedì prossimo, il 27 settembre, sarà il consulente della procura Paolo Rivella a essere interrogato e sarà l’unico a sedersi al banco, davanti al giudice Gianfranco Pezone.
Accusa e difesa prevedono infatti che ci sarà un controesame molto lungo. Ieri, intanto, l’udienza a carico dell’industriale svizzero Stephan Schmidheiny, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di 392 persone, vittime dell’amianto, ha visto in sequenza le deposizioni dei testimoni Piercarla Coggiola, dirigente dell’assessorato all’ambiente del Comune di Casale Monferrato, del sindaco Federico Riboldi e di Giovanna Patrucco, figlia di Maria Pastorino, la panettiera - tra le vittime del mesotelioma - che aveva la sua attività vicino allo stabilimento Eternit.
Piercarla Coggiola ha esposto alla Corte le modalità di svolgimento dei lavori di bonifica in città dopo la chiusura dello stabilimento, fin da quando – nel 1997 -, sono arrivati i primi fondi regionali per le bonifiche ed il Comune si è occupato dello smantellamento della fabbrica Eternit (per bonificarla sono stati spesi 7/8 milioni di euro) e della messa in sicurezza delle aree cittadine in cui è stato ritrovato il polverino, per un totale di oltre 190 siti bonificati. Numerosi i fondi regionali e statali impiegati per la causa nel corso degli anni.
E poi è stato il sindaco di Casale Federico Riboldi a spiegare come un’intera città – che ha avuto un danno di immagine enorme, così come il Monferrato - si sia dovuta prendere carico delle spese legate al personale incaricato per le bonifiche.
“Nuove aziende – è stato detto - sono timorose a insediarsi in un territorio inquinato ed il turismo ha risentito profondamente di quella perdita di attrattività che, nel Casalese, è combaciata anche con un calo delle famiglie e di giovani”.
Infine ha preso la parola Giovanna Patrucco, figlia della panettiera che lavorava di fronte alla fabbrica, morta per mesotelioma: Maria Pastorino toglieva con uno scopino la polvere dalle tute degli operai che andavano nel suo negozio, dove l’intera famiglia iniziava a lavorare dalle 4 e mezza del mattino.
E quando l’avvocato difensore Astolfo Di Amato, le ha chiesto se a contribuire al “polverone” non fossero anche le altre fabbriche di cemento presenti in quell’area, la teste ha risposto che senza dubbio c’erano cementifici che producevano polvere, ma “quando Eternit ha chiuso è diminuita molto”. Senza dimenticare che i camion provenienti dalle altre fabbriche trasportavano materiale chiuso nei sacchetti, mentre quelli che uscivano dalla Eternit erano aperti”.