Tanti i rincari segnalati per la "tassa coronavirus"

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È già stata ribattezzata “tassa Coronavirus” e ha fatto arricciare il naso a non pochi italiani che, in questi giorni, sono tornati da parrucchieri ed estetisti.

Va anche detto che quel contributo Covid (di sovrapprezzo si parla) che varia dai 2 ai 4 euro non è stato applicato da tutti, ma – considerate le numerose segnalazioni arrivate al Codacons e all’Unione nazionale consumatori fa riflettere questa nuova prassi messa in atto su alcune prestazioni per sostenere le spese degli esercenti per sanificazione e messa in sicurezza dei locali.

Va anche detto, a onor del vero, che questo balzello si è tradotto altrove in un rincaro dei prezzi: viene in mente il costo del caffè al banco che è lievitato come altri prodotti in listino, ma anche gli aumenti a raffica nel settore alimentare. Rincari, questi ultimi, che erano scattati già nelle prime settimane di lockdown con un’impennata su frutta e verdura (un monitoraggio Coldiretti parla rispettivamente di un +8,4% e + 5%), ma anche su latte, salumi, pasta e burro.

Un problema – quello della filiera alimentare – che si è scontrato anche con una situazione climatica avversa che ha visto un taglio delle produzioni e la beffa ulteriore di dover buttare, in molti casi, i raccolti a causa della mancanza di manodopera a sua volta carente per la chiusura delle frontiere. La prolungata chiusura di bar e ristoranti ha portato ad un conseguente drastico calo di rifornimenti da parte delle aziende agricole.

Nei supermercati i prezzi di certi prodotti sono schizzati alle stelle con un annuncio che si tradurrà presto in realtà e cioè che 1 frutto su 5, tra quelli che durante l’estate risultano i più venduti, spariranno dalle nostre tavole. O meglio: spariranno quelli italiani, con il rischio che si verifichi un aumento delle importazioni dall’estero da spacciare poi come “Made in Italy”. Le associazioni dei consumatori definiscono “illegale” il contributo Covid, che, nei casi dove viene battuto in scontrino, diventa una voce obbligatoria.

Ma ci sono realtà dove questa voce compare sotto altra forma. Da oggi – giorno di riapertura – riaprono infatti anche piscine e palestre. In queste ultime gli atleti si sono sentiti avvisare del fatto che – considerato lo stop e il periodo di difficoltà per questo comparto – verrà applicato un rincaro mensile all’abbonamento in atto e, nel caso dei corsi, non sarà possibile frequentarli a meno che non ci sia prima prenotati.

Non sarà così in tutte le palestre, ma sta già succedendo, con il rischio che, se è vero che finora gli esercenti non sono stati finora messi in condizione di poter usufruire di forme di sussidi più volte annunciati e mai arrivati o arrivati in modo esiguo, è altrettanto vero che l’anello finale – il consumatore – continua a chiedersi chi è che, alla fine, paga la crisi. E in questo Far West c’è da aspettarsi che, con ogni probabilità, ci sarà una diaspora di utenti verso chi non avrà giocato al rialzo sul portafogli dei cittadini.

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