Un altro suicidio nel carcere di Torino: donna di 65 anni si toglie la vita in cella
Salgono a tre i decessi dall’inizio dell’anno nelle carceri del Piemonte, la denuncia del Sappe
Una sessantacinquenne di origini italiane, detenuta nel carcere torinese da marzo, è stata trovata morta nella sua cella.
Una detenuta di 65 anni si è tolta la vita nel carcere di Torino
Un altro suicidio nella casa circondariale di Torino, dove alle 7.30 di ieri, giovedì 24 maggio, una sessantacinquenne di origini italiane, detenuta nel carcere torinese da marzo, è stata trovata priva di vita nella sua cella dalla Polizia Penitenziare.
Secondo quanto riportato dal Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, pare che la donna si sia appartata nel bagno della propria cella approfittando della momentanea assenza della sua compagna di detenzione e si sia soffocata con un sacchetto di plastica posto sulla testa e legato attorno al collo con un laccio. A nulla sono valsi i soccorsi scattati immediatamente e proseguiti poi fino all’arrivo dell’unità del 118,che non ha potuto far altro se non constatare il decesso.
“Come da prassi in questi casi - spiega Vicente Santilli, segretario del Sappe Piemonte - sono in corso le attività di indagine per ricostruire gli ultimi momenti di vita, ma parrebbe non siano stati rinvenuti messaggi o biglietti utili a comprendere le cause dell’insano gesto. Salgono così a tre i decessi dall’inizio dell’anno nelle carceri del Piemonte”.
La denuncia del sindacato
“Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea.” - denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe.
Il sindacato ricorda inoltre l'importanza di intraprendere azioni che evitino il verificarsi di azioni così estreme. “Questi tristi eventi ci fanno comprendere l’importanza di intercettare per tempo il disagio delle persone private della libertà personale - aggiunge Santilli - ed è per questo che il Sappe è da sempre impegnato nel sensibilizzare l’Amministrazione ed il Governo sulla necessità di formazione adeguata del personale di Polizia Penitenziaria, ma anche sull’esigenza di potenziare le aree trattamentali degli istituti di pena con figure professionali appartenenti alle materie umanistiche come educatori, psicologi, medici e psichiatri” .