I vincitori del premio giornalistico "Franco Marchiaro" 2019
ALESSANDRIA - Si è tenuta nella sede della Fondazione Solidal Onlus, Sala Broletto di Palatium Vetus, sede anche della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, la cerimonia di consegna del Premio Giornalistico “Franco Marchiaro”, giunto alla sesta edizione.
L’incontro è stato introdotto dal Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, Luciano Mariano e del Presidente della Fondazione Solidal Onlus, Antonio Maconi. Poi i saluti del Prefetto di Alessandria, Antonio Apruzzese e quelli del Sindaco di Alessandria, Gianfranco Cuttica di Revigliasco. Prima delle premiazioni si è tenuta una interessante conversazione sul tema “Professione giornalista: quale futuro?”. Moderatore Luca Ubaldeschi, Direttore de Il Secolo XIX e Presidente della Commissione “Premio Marchiaro”, relatori Carlo Verna, Presidente Ordine Nazionale Giornalisti e Alberto Sinigaglia, Presidente Ordine Giornalisti del Piemonte. Un siparietto molto interessante lo ha tenuto il popolare attore alessandrino Massimo Bagliani, che ha letto nel suo stile molto divertente un brano tratto da “Il regalo del Mandrogno” di Pierluigi ed Ettore Erizzo.
I Vincitori: Martina Stefanoni e Marco Zavanese, due giovanissimi allievi del master in giornalismo di Torino e due giornalisti affermati già da decenni che scrivono per due tra le più importanti testate nazionali: Piero Bottino de La Stampa e Luciano Ferraro del Corriere della Sera.
Vincitori, articoli e motivazioni del premio:
Martina Stefanoni (allieva master giornalismo) con l’articolo: “La rivoluzione rosa di Alessandria: le imprenditrici si raccontano”, l’autrice entra in una storia secolare di industria, commercio e agricoltura, dove “tutto il territorio brilla della luce delle sue donne che, con perseveranza e spirito d’iniziativa, si stanno ritagliando sempre più spazio in un mondo ancora troppo declinato al maschile”. Due direttrici di associazioni produttive, una ceo e una comunicatrice sono le protagoniste dell’articolo che sfata il leit motiv “pochi clamori fra Tanaro e Bormida”, facendo emergere una classe dirigente al femminile più ampia di quanto si conosca
Marco Zavanese, (allievo master in giornalismo) L’articolo: Da un “non luogo”, secondo in Italia solo dopo il Colosseo come visitatori annuali, a realtà commerciale capace di veicolare l’attenzione sulla cultura e il territorio. E’ quanto emerge dalla lettura dell’articolo “Serravallet. Collaborazione, valori e innovazioni. Rapporto di un territorio e un outlet”.
L’autore, richiamando Alessandria quale “centro del triangolo industriale” fino a qualche decennio fa, evidenzia la ricchezza dell’outlet di Serravalle Scrivia, un “gigante da sessantamila metri quadrati, duecentocinquanta negozi e duemila addetti” fra le cui vie si parlano tutte le lingue del mondo. L’articolo, spaziando dalla Libarna romana alla gastronomia del territorio, lascia percepire il commercio come carburante necessario al turismo, e viceversa.
Luciano Ferraro (caporedattore del «Corriere della Sera»). L’articolo: “Hosteria! Che vino nel Monferrato”.
Partendo da un termine medioevale, “hosteria”, conduce il lettore attraverso le colline del Monferrato, ormai patrimonio Unesco, in un viaggio che ha come protagonista il vino e uno dei suoi cultori e studiosi più noti al mondo: Donato Lanati.
Attraverso la scelta di una famiglia di produrre vino, con vitigni tradizionali ma rinnovandone l’immagine, ci si ritrova a conoscere luoghi e colture che producono ricchezza nel rispetto dell’ambiente. Fra queste, da citare, il pioppo che, grazie ad un clone, l’I-214 creato a Casale Monferrato e diffuso in tutto il mondo, non ha quasi bisogno di fertilizzanti e, distillando l’acqua, assorbe carbonio restituendo ossigeno. L’articolo mette insieme la storia e la capacità di innovare, ingredienti che oggi più che mai servono per costruire una esperienza di successo in un settore in continua crescita.
Piero Bottino de «La Stampa» con un servizio sul «raviolotto».
Quando si dice “agnolotto” si pensa all’Alessandrino, con la sua “Fraschetta” e la sua “Mandrognità”. Quando si dice “raviolo” si pensa a Gavi e alla Val Lemme e ad un’area vasta che corre fino a Novi Ligure. E quando si dice “raviolotto”?
La storia della nuova terminologia della pasta ripiena, tipica non solo dell’Alessandrino ma di tutto il nostro Paese, viene narrata con dovizia di particolari e di riferimenti storici, sociali ed economici, partendo da un festival ideato da Slow Food, nel 2015, per risalire fino ai giorni nostri. Non mancano i riferimenti alle presenze del “raviolotto” in manifestazioni enogastronomiche che caratterizzano il nostro territorio rispetto ad altre aree confinanti con l’Alessandrino. L’articolo abbina il “raviolotto” alessandrino alla presenza di altri, numerosi prodotti tipici della nostra provincia che rappresentano un unicum nel vasto panorama gastronomico italiano.
Si parla di cibo, dunque, ma è lo strumento per raccontare un aspetto dell’identità alessandrina, che l’autore conosce in maniera approfondita e racconta da anni con passione e competenza.