Il governo Draghi accelera sulle riaperture e chiede protocolli meno rigidi
Mentre, in Italia, è sfida contro il tempo per raggiungere quota 500.000 vaccinazioni al giorno, nel mondo del lavoro montano le proteste: quella andata in scena a Roma e per nulla pacifica da parte di una ristretta minoranza di ristoratori ha macchiato lo spirito generale della gran parte di questi imprenditori, che legittimamente chiedono di poter tornare alla vita, senza elemosine e con aiuti concreti.
Ne è ben consapevole lo stesso premier Mario Draghi, che ha chiesto al Comitato tecnico scientifico di lavorare su protocolli “meno rigidi” per le aperture o, meglio, che tengano conto anche della sostenibilità di alcuni settori falcidiati dalla pandemia. Una cosa è certa: il Paese ha bisogno di tornare a sperare e di poter programmare il proprio futuro. Una riapertura che – come spiegano fonti di governo - deve essere “sostenibile”, reale e non solo di facciata”, perché – si sa - i veri ristori, quelli economicamente più vantaggiosi, sono le riaperture. Già da oggi il consiglio dei ministri darà il via libero al nuovo documento di economia e finanza e alla richiesta di ulteriore scostamento di bilancio al Parlamento.
E se per la giornata di venerdì – o, al più tardi, il 26 aprile – dovrebbe arrivare il decreto bis con gli aiuti per le attività commerciali, va subito fatto un distinguo rispetto a quello applicato in precedenza: gli aiuti non saranno infatti concessi a quei lavoratori autonomi e ai commercianti che non riusciranno a dimostrare cali di fatturato superiori ad un terzo. Il pressing, in linea temporale e nelle intenzioni del governo, è una riapertura delle attività entro i prossimi 15 giorni, ma la conditio sine qua non per alzare le saracinesche - e perché davvero ci sia un vantaggio reale per tutti - è che tutto ciò avvenga in sicurezza. Nel frattempo, durante l’ultimo vertice di palazzo Chigi, è emersa la cifra pari a circa 40 milioni di euro che il governo Draghi metterà a disposizione per uscire dalla pandemia.