Il Piemonte regione pilota per i parti in anonimato
L'Anfaa ha rilanciato l’appello ad informare quanto più possibile i cittadini sull'opportunità di usufruire del “parto in anonimato”
Dal 1997 in Italia è prevista la possibilità legale di usufruire del “parto in anonimato”: la legge consente a una donna di partorire in ospedale in condizioni di riservatezza e di non riconoscere il bambino, di cui viene riconosciuto subito lo stato di abbandono e la conseguente adottabilità.
I parti in anonimato
Il Piemonte è, in tal senso, l’unica regione ad aver legiferato sul tema: lo ricorda Anfaa - l’Associazione nazionale delle famiglie adottive e affidatarie – che, insieme a quattro soggetti gestori delle funzioni socioassistenziali competenti in materia di gestanti – ha rilanciato a Torino l’appello ad informare quanto più possibile i cittadini sull'opportunità di usufruire del “parto in anonimato”.
L’audizione si è svolta su richiesta del Movimento 5 Stelle – in Commissione Sanità, presieduta dal presidente Luigi Icardi e dal vicepresidente Daniele Valle. Spesso le gestanti – di sovente giovani o giovanissime e non di rado straniere ed in difficoltà – non sono a conoscenza di questa possibilità che può aiutare loro e le vite che portano in grembo.
“A questo proposito - hanno aggiunto i referenti di Anfaa - abbiamo ottenuto che la possibilità di ricorrere al parto in anonimato sia inserita nella nuova edizione dell’Agenda di gravidanza realizzata dalla Regione”. Verranno anche realizzati volantini e opuscoli multilingue con i numeri dedicati e i servizi offerti, messi a disposizione dei servizi sociali territoriali, dei consultori, degli ospedali e dei punti nascita e verrà organizzato un convegno sul tema.
Claudia Roffino di Anfaa, ha evidenziato la necessità di “cercare le donne in difficoltà, accoglierle, assisterle e aiutarle a scegliere se riconoscere o no il proprio figlio senza pregiudizi perché una donna che partorisce in anonimato non è altro che una donna in difficoltà che sta dicendo: ‘non sono in grado di fare la mamma’ ”.
Citando un rapporto di Save the Children, i referenti di Anfaa hanno espresso riserve sull’efficacia delle “culle per la vita”, che “rischiano di incentivare parti senza l’adeguata assistenza sanitaria per la mamma e per il bambino, lasciando la partoriente completamente in balia di sé stessa” e chiesto che si valuti di ritirare l’ordine del giorno in materia, recentemente approvato dall’Assemblea.
Per quanto riguarda i rappresentanti dei gestori delle funzioni socioassistenziali – Città di Torino, Consorzio socioassistenziale (Csac) del Cuneese, Cissaca di Alessandria e Comune di Novara – Sara Bergamo del Cissaca di Alessandria ha sottolineato “l’importanza, dal 2023, di collaborare insieme per realizzare volantini e opuscoli multilingue con i numeri dedicati e i servizi offerti, messi a disposizione dei servizi sociali territoriali, dei consultori, degli ospedali e dei punti nascita” e “per organizzare un convegno sul tema”. Ha anche dichiarato che, dal 2022, nel suo territorio di competenza i parti in anonimato sono stati 5.
Cristina Demaria del Csac del Cuneese ha dichiarato che “dal 2007 al 2024 sono stati seguiti 35 casi di donne che sono ricorse al parto in anonimato e rappresentano il 25% quelli che hanno interessato donne straniere”. Sonia Badiello del Comune di Torino ha affermato che “nel 2023 i casi seguiti sono stati 4, di cui uno riguardante minori. Di essi, 2 hanno optato per il parto in anonimato” ed evidenziato la “necessità di promuovere iniziative per il parto in anonimato nelle scuole superiori e nelle facoltà universitarie”. Gianluca Pinnisi del Comune di Novara ha spiegato che “su 6 casi seguiti nell’ultimo biennio, 2 hanno scelto il parto in anonimato e 4 hanno scelto di riconoscere i propri bambini” e sottolineato “l’importanza di uniformare il più possibile i servizi sul territorio per consentire alle donne di uscire da un contesto di solitudine ed entrare in un contesto di relazione”.