Lottare contro il mesotelioma: la storia di Giuseppe

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ACQUI TERME - La storia della lotta di un acquese e dei medici dell'Azienda Ospedaliera di Alessandria contro il "mal di amianto" diventa un'intervista video.

Una storia di dolore e di lotta, ma anche e soprattutto di coraggio, fiducia e tanta voglia di vivere. È la storia di Giuseppe Sigolo, sessantasettenne di Acqui, che ha deciso di affrontare il “mal di amianto” affidandosi ai medici e a tutta l’equipe specializzata dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria.

Visibilmente emozionato, ha raccontato la sua testimonianza durante una lunga chiacchierata con la Dott.ssa Federica Grosso, Responsabile della Struttura Mesotelioma AO AL: “È stata una fortuna per me che abbiano trovato la malattia in tempo e praticamente in maniera casuale perché quando è stato riscontrato un nodulo, poi risultato sclerotico, e ho cominciato quindi tutti i controlli mi trovavo nel reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale di Alessandria per un altro intervento. – spiega Giuseppe – Era il 2011, ma solo dopo due anni è comparso un versamento pleurico e così, dopo essere passato dalla chirurgia toracica, sono diventato un paziente della Dott.ssa Grosso e la mia vita è cambiata per sempre: avevo il mesotelioma”. La diagnosi è arrivata circa trentacinque anni dopo la sua esposizione ripetuta all’amianto all’interno di una fabbrica dove lavorava come conduttore dei generatori a vapore delle caldaie respirando, senza saperlo, particelle di eternit ogni volta che doveva riparare la perdita di un tubo.

Iniziato il suo percorso di cura, nonostante la perdita di forza fisica e il dolore che più di una volta lo ha fatto piangere – come rivela senza vergogna –, Giuseppe non si è mai perso d’animo, continuando sempre a lavorare, a sorridere e a chiacchierare apertamente con tutti. “Quando l’ho visitato la prima volta, la malattia era a uno stadio iniziale. – ricorda l’oncologa Grosso – È stato sottoposto a un ciclo di chemioterapia standard per il mesotelioma, che purtroppo non ha sopportato benissimo, e poi è stato reclutato per un protocollo e randomizzato, ovvero inserito in maniera casuale, nel braccio del solo controllo clinico. Abbiamo quindi cominciato a vederci ogni quattro o sei mesi per la visita e per quattro anni tutto sembrava sotto controllo, fino a quando Giuseppe mi ha scritto che lamentava un dolore al fianco destro e dalla tac è risultato che il tumore si era nuovamente fatto avanti”.

Come racconta Giuseppe, è da lì che è iniziato il momento più difficile, quello della ricaduta, che però non ha impedito a lui e a sua moglie Giuseppina di continuare a credere nell’equipe di oncologi, pneumologi, chirurghi toracici, radiologi, anatomopatologi, infermieri e tanti altri operatori sanitari e non. Giuseppe ha quindi voluto raccontare la sua storia come segno di fiducia nei confronti delle persone che lo hanno supportato, curato e assistito in questi anni e la sua intervista completa è disponibile qui sotto.

Se non avessi avuto piena fiducia nei medici, probabilmente non sarei più qui a raccontarlo. È davvero vitale essere tranquilli nell’affrontare la malattia, sia grazie alle loro competenze sia grazie al clima sereno che si respira in ambulatorio. E altra cosa fondamentale è la ricerca – conclude Giuseppe – perché forse a me non servirà, ma se si perde la speranza per il futuro è davvero finita, non vivrei più nemmeno un giorno”.

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